Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XXI – 26 ottobre 2024.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il
cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Scoperto
un nuovo circuito dell’alimentazione che lega interocezione
e masticazione. Jeffrey
Friedman, Christin Kosse e
colleghi hanno identificato e descritto un circuito sottocorticale in cui
neuroni esprimenti BDNF (brain-derived neurotrophic factor) nell’ipotalamo
ventromediale connettono direttamente l’input interocettivo
ai centri motori, controllando il consumo di cibo e i movimenti mascellari.
L’inibizione di questi neuroni aumenta la quantità di cibo assunta, regolando
le sequenze motorie del mangiare attraverso proiezioni alle aree premotorie
della mascella. Il complesso dei dati raccolti dai ricercatori consente di
definire il circuito ARC – VMHBDNF – pMe5, che rileva lo stato
energetico di un animale e regola di conseguenza il comportamento consumatorio.
[Cfr. Nature – AOP doi: 10.1038/s41586-024-08098-1, 2024].
Malattia
di Alzheimer: atrofia ipotalamica in fase precoce e avanzata. L’Alzheimer’s
Disease Neuroimaging Initiative
con Hannah Pecher e colleghi ha studiato mediante
risonanza magnetica nucleare (MRI) un campione di 175 volontari (85 uomini e 90
donne) includenti pazienti affetti da malattia di Alzheimer in fase avanzata e
persone allo stadio del lieve difetto cognitivo (MCI, mild cognitive
impairment), rilevando in entrambi gli stadi una significativa atrofia
dell’ipotalamo. Il volume ipotalamico presentava co-varianza con le regioni
cerebrali tipicamente interessate dalla neurodegenerazione alzheimeriana.
L’atrofia ipotalamica sembra seguire quella dell’ippocampo e delle strutture
del circuito di Papez. [Cfr. Neuroimage Clin. – AOP doi: 10.1016/j.nicl.2024.103687, 2024].
Gravi
e imprevedibili conseguenze sul cervelletto dell’ostruzione nasale nello
sviluppo. Moe
Tanigawa e colleghi hanno accertato che l’ostruzione
nasale durante lo sviluppo post-natale dei topi causa deficit nei comportamenti
dipendenti dal cervelletto e compromette la maturazione dei circuiti neuronici
del cervelletto. I ricercatori hanno anche scoperto che l’ostruzione nasale nei
topi perturba il tipico processo di eliminazione sinaptica cerebellare, che si
verifica in corso di sviluppo, e ostacola la normale transizione dei pattern
di attività delle popolazioni di cellule di Purkinje che ha luogo nello
sviluppo. [Cfr. Commun Biol.
– AOP doi: 10.1038/s42003-024-07095-4, 2024].
Malattia di Alzheimer: perché i bilingue
appaiono più resistenti alla degenerazione? Uno
studio condotto dai gruppi CIMA-Q e COMPAS-ND, con Kristina Coulter e Nathalie
Phillips su pazienti di malattia di Alzheimer e soggetti a rischio del
Consorzio Canadese sulla Neurodegenerazione nell’Invecchiamento e del Consorzio
del Québec per l’Identificazione Precoce della Malattia di Alzheimer, ha
valutato con metodi morfometrici differenze volumetriche di aree e regioni
cerebrali. È emerso che l’ippocampo risulta di dimensioni maggiori nei bilingue,
soprattutto perché non si verifica la riduzione di volume rilevata nei
monolingue. Si ritiene che questo dato possa, almeno in parte, spiegare la
maggiore resistenza al processo patologico in coloro che parlano due idiomi. [Fonte:
Cambridge University Press from Bilingualism,
Language & Cognition, 2024].
Rastermap: un metodo per scoprire
popolazioni neuroniche mediante la registrazione. Carsen Stringer e colleghi hanno
messo a punto “Rastermap”, un metodo di
visualizzazione che mostra i neuroni come un raster
plot dopo averli scelti lungo un asse monodimensionale che rappresenta i
loro pattern di attività. I ricercatori hanno tarato Rastermap
su simulazioni realistiche e poi lo hanno usato per esplorare le registrazioni
di decine di migliaia di neuroni della corteccia cerebrale di topo durante
attività spontanea e attività evocate da stimoli o da compiti.
Stringer
e colleghi hanno poi applicato Rastermap alla registrazioe di tutto il cervello di Danio rerio,
alla registrazione dell’ippocampo di ratto, di regioni sottocorticali di topo,
della corteccia frontale di scimmia e, infine, alle reti neurali artificiali. [Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-024-01783-4, 2024].
Il
Lecanemab, propagandato come primo farmaco che
rallenta l’Alzheimer ha trovato un ostacolo in Gran Bretagna. Coloro che ci seguono assiduamente
ricorderanno che la nostra società scientifica ha fatto parte di quella cordata
di istituzioni accademiche e di ricerca che hanno tentato di opporsi
all’approvazione del Lecanemab da parte della
FDA, giungendo purtroppo tardi per ottenere ascolto. La ragione della nostra
richiesta di ulteriori studi era dovuta alle tre morti causate dal farmaco
durante i trials e, in particolare, alle immagini MRI di danno cerebrale
in uno di questi casi, che erano così impressionanti da non avere uguali nei
precedenti noti ai nostri soci più esperti in risonanza magnetica cerebrale.
Ora registriamo che in Gran Bretagna, sebbene l’organo preposto al controllo
dei farmaci approvati per l’uso (MHRA) abbia autorizzato la prescrizione, il
NICE non lo ha approvato nel novero NHS per il pubblico utilizzo, con questa
motivazione: “benefits are too small to justify the costs”. [Fonte:
Fergus Walsh, Medical Editor BBC, 2024].
La
paura del “cervo pazzo” (chronic wasting disease) si è
rivelata infondata. L’encefalopatia
da prioni, come la malattia della “mucca pazza”, che ha colpito varie specie di
cervidi, inducendo i media di alcuni paesi a diffondere l’allarme circa
la possibilità che si trasmetta all’uomo, è stata studiata da un team dell’NIH.
I prioni della CWD (chronic wasting disease) sono stati
cimentati con organoidi cerebrali umani, rivelando l’esistenza di una
impenetrabile e rassicurante barriera di specie che ha definitivamente
allontanato la paura collettiva di un rischio mortale. [Fonte:
NIH/National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Bethesda, MD, 2024].
Uccelli
del Paradiso: scoperto il segreto della misteriosa ruota formata con le ali. Si trasformano in un meraviglioso
disco con la testa al centro i maschi delle 4 specie di Ptiloris
durante il corteggiamento, attraendo le femmine e affascinando i ricercatori
che si sono sempre chiesti come sia possibile un simile FAP (fixed action
pattern), esclusivo dei cosiddetti Uccelli del Paradiso di Australia e
Nuova Guinea. Lo studio di video, come spiega Susan Milius, ha consentito ai
ricercatori di scoprire il possesso di speciali ossa del “polso dell’ala”, che
consentono una flessione e un’escursione estrema, impossibile agli altri
uccelli e capace di trasformare le ali, aperte e congiunte in alto, in una
ruota che circonda il capo dell’uccello. [Fonte: ScienceNews
21 Oct., 2024].
Api
stressate presentano un funzionamento depressivo circa l’attesa di ricompensa. Gli esperimenti sono stati condotti
con api addestrate a decidere se un colore segnalava qualcosa di buono o di
cattivo, guidando il comportamento nel posarsi su un fiore e impollinarlo. Per
effetto dello stress, si riduceva l’aspettativa di ricompensa e le api
decidevano in modo più pessimistico.
Siamo
abituati a concepire i nostri stati affettivo-emozionali secondo la varietà e
la complessità tipica della vita psichica umana ma, come dimostra questo
esperimento, è opportuno distinguere i reali effetti di disturbo dello stress,
che si possono avere anche in un organismo con un ganglio cefalico al posto del
cervello, dagli adattamenti fisiopatologici del cervello umano e dalle
interpretazioni soggettive, riferite come vissuto di esperienza, come dalle
interpretazioni diagnostiche basate su teorie della mente. [Cfr. Proceedings
of the Royal Society B: BS 291 (2032), 2024].
Malattia
di Alzheimer: Carol Jennings ci lascia all’età di 70 anni. Un’insegnate brillante e dinamica
che negli anni Ottanta scrisse a un team di ricerca sulla malattia di
Alzheimer, dopo che suo padre e i suoi quattro fratelli avevano ricevuto la
diagnosi della demenza neurodegenerativa intorno ai cinquant’anni, Carol
Jennings ha contribuito alla definizione genetica della forma familiare di
malattia di Alzheimer di cui soffre la sua famiglia, il cui studio ha
consentito progressi significativi nella biologia molecolare della malattia.
Nel 1991 fu identificata la variante del gene della APP presente in molti
membri della famiglia; nel 1992 John Hardy e colleghi proposero l’ipotesi della
cascata amiloide nella patogenesi della neurodegenerazione. Il lavoro di
sensibilizzazione e reclutamento di membri di famiglie affette condotto da
Carol Jennings e le sue ipotesi di connessione fra persone furono un aiuto
prezioso per la ricerca – ha ricordato John Hardy – che ha anche parlato delle
straordinarie doti umane della Jennings. Dopo aver sviluppato anche lei la
patologia neurodegenerativa espresse il desiderio di donare il suo sistema
nervoso centrale, encefalo e midollo spinale, alla ricerca: un’eredità
materiale, oltre quella morale, di cui le siamo grati a nome della comunità
neuroscientifica. [BM&L-Italia, ottobre
2024].
Il
segreto in pittura: dall’etica del mistero all’estetica della verginità (prima
parte). Nel
Medioevo e nel Rinascimento il segreto era elemento dominante e
onnipresente nelle pratiche di bottega, dalla preparazione delle materie
coloranti a quella dei supporti da dipingere, così come nella tecnica del
singolo maestro, che riguardava soluzioni di problemi e procedure originali.
Nei secoli, la segretezza quasi sacrale che accompagnava quest’arte tende a
diminuire, fino a quando diventa semplicemente un “sapere speciale” trasmesso
con l’insegnamento nelle accademie. Eppure, di segreti sono costellate le
biografie di pittori del Novecento e, sebbene si fosse già, come oggi, nell’epoca
della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, molti artisti, pur militando
in movimenti contemporanei avversi a forme e contenuti della pittura
tradizionale, erano gelosi custodi di modi che consentivano loro di ottenere
effetti nuovi. Si può facilmente ridurre a ragione tutto ciò con una
meta-riflessione centrata sull’utilità: il segreto proteggeva dal pubblico
dominio un sapere che poteva essere impiegato nell’opera rendendola speciale o
unica: qualità che motivava l’ingaggio da parte del committente di
quell’artista, assicurandogli lavoro e sostentamento.
Ma,
se questo aspetto non può essere trascurato o sminuito, in quanto costituisce
la ragione principale dell’affermarsi dell’etica del segreto di bottega, non si
può commettere l’errore di ridurre a un’esigenza materiale l’interessante e
multiforme realtà che si sviluppa intorno alla genesi, alla custodia, alla
condivisione, alla rappresentazione e al valore del segreto.
Il
maestro nelle arti figurative, dall’epoca in cui l’arte era esclusivamente sacra
fino alle soglie della rivoluzione industriale, aveva una rappresentazione
sociale che, nell’immaginario popolare, era sovente accostata a quella del
sacerdote nel senso etimologico del termine: aveva ricevuto un dono da Dio e lo
metteva a frutto nella sua missione artistica e, come il sacerdote nel suo
sapere custodiva i misteri delle sacre scritture, il maestro custodiva la
misteriosa essenza del suo talento, a cui i segreti tecnici erano associati e
assimilati.
Il
segreto era un dono speciale del maestro all’allievo, che lo legava a sé e lo
introduceva nella dimensione degli autori di immagini che entravano nella
realtà come suo simulacro estetico, eternizzando una memoria. Il segreto
rivelato e trasmesso era anche il simbolo di tutto ciò che si possiede e si
vive senza comprenderlo fino in fondo, e di per sé esprimeva questa
consapevolezza: il segreto rivelato corrisponde al concetto greco di a-lētheia
di non-nascosto, ossia di verità come
rivelazione, che rimanda a tutto ciò che non si conosce, fino al mistero stesso
della vita.
Un
esempio, forse il migliore che si possa fare di ciò che era comune in una
bottega di pittura ma conteneva segreti ermeticamente inaccessibili, è il
colore, ossia l’insieme delle materie cromatiche alla base della pittura. Ciò
che oggi riportiamo alla struttura molecolare, alle proprietà fisico-chimiche e
alle reazioni tra composti, allora era puro mistero. Eppure esisteva un sapere
che consentiva di gestire il “non-conosciuto”, il “non-rivelato” della natura
nel modo giusto, orthos, il corretto e
autentico come altra dimensione greca del vero, che qui è anche l’imprescindibile
mezzo per il compimento dell’opera d’arte. Questo sapere era caratterizzato da
memorie narrative che riferivano trame, spesso mitiche e sempre suggestive, in
cui alcuni colori, ad esempio, potevano rappresentare il male perché non solo
tradivano la regola, come un blu che col giallo dava il grigio invece del verde,
ma potevano uccidere il pittore o causarne l’insania, la follia. Oggi la
conoscenza della chimica del colore ha rivelato che le materie coloranti
ritenute personificazioni del male sono effettivamente composti tossici.
[continua]
Notule
BM&L-26 ottobre 2024
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